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Immagine del redattoreEdoardo Rosati

Le parole per (non) dirlo

Aggiornamento: 7 feb 2023

Magari il medico di famiglia avrà avuto il buon senso (e il merito) di non pronunciarla mai in vostra presenza, ma l’espressione latina francamente inquieta. E getta il paziente nello sconforto.

Restitutio ad integrum.

Quale “rogna” ci sarà mai in ballo dietro questa locuzione?

Tranquilli: si tratta, al contrario, di una gran bella notizia.

Significa che abbiamo archiviato la malattia che ci tormentava e siamo… tornati integri.

Guariti.


Restitutio ad integrum è gergo che deriva dal linguaggio dei giuristi romani: indicava «il ripristino dell’originario stato di diritto alterato dal verificarsi di gravi circostanze».

Concetto valido anche in campo medico, per definire la ritrovata normalità, il ritorno, cioè, all’iniziale, pieno funzionamento degli organi dopo qualche burrascoso acciacco.


Tre parole, per di più arcaiche, per dire insomma «guarigione».

Dannati vocaboli medici.

Definizioni che spesso servono a nascondere una comprensione incompleta, ma che ciononostante ammaliano. E dispensano effetti quasi taumaturgici.


«Se qualcuno va dal medico a lamentarsi del fatto che durante i rapporti sessuali soffre di mal di testa», scrivono Petr Skrabanek e James McCormick sulle pagine del loro strepitoso libro Follie e inganni della medicina (Marsilio Editori), «può darsi anche che si senta rassicurato se gli viene detto che soffre di cefalgia coitale, ovvero di mal di testa… durante i rapporti sessuali».

E ancora: un dolore intenso e improvviso all’ano…

Con l’altisonante etichetta proctalgia fugax, ci si sente quasi orgogliosi di averlo.



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